Nell’ambito dell’accordo del 2017, l’Italia e l’UE contribuiscono al finanziamento, alla formazione e all’equipaggiamento della guardia costiera libica. La guardia costiera del Paese nordafricano sta a sua volta fermando le barche che trasportano migranti e rifugiati nel Mediterraneo e costringendoli a tornare nel Paese tormentato dal conflitto.
Gli attivisti affermano che quasi 100.000 persone sono state arrestate negli ultimi cinque anni. Si ritiene che molti siano finiti nei centri di detenzione libici che, tra l’altro, papa Francesco ha paragonato ai campi di concentramento.
essere torturato
– L’Europa, difensore dei diritti umani, non deve in nessun caso concludere accordi con un Paese in cui i migranti sono torturati o vittime di schiavitù o abusi sessuali, afferma Claudia Lodesani, responsabile di Medici Senza Frontiere (MSF) in Italia – di cui fa anche parte del ricorso.
Il nuovo primo ministro italiano, che ha guidato il governo di più destra del Paese dalla seconda guerra mondiale, ha promesso una politica dura sui migranti via nave. Se il governo non rinuncerà all’accordo con la Libia entro il 2 novembre, sarà automaticamente rinnovato per altri tre anni.
contributo norvegese
La Norvegia ha anche contribuito alla guardia costiera libica attraverso il fondo dell’UE per rallentare il flusso di rifugiati e migranti attraverso il Mediterraneo (EUTF).
L’ONU ha ripetutamente avvertito che migranti e rifugiati in Libia sono a rischio di tortura, tratta di esseri umani, stupri e altri abusi.
Molti di coloro che sono stati rimpatriati con la forza in Libia vengono collocati di conseguenza Amnesty International nei campi di detenzione e sono oggetto di abusi, estorsioni e lavori forzati.
(© NTB)
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