Il disegno di legge italiano consente agli attivisti pro-vita l’accesso alle cliniche per aborti

Descritta come una regressione al “Medioevo”, l’ultima decisione dell’Italia peggiora il già difficile accesso all’aborto e alimenta l’agenda del governo di destra volta a limitare gli aborti nel Paese.

La leader italiana di estrema destra Giorgia Meloni ha recentemente approvato una legge che consente agli attivisti e alle organizzazioni anti-aborto l’accesso alle cliniche abortive.

La mossa fa parte di una serie più ampia di iniziative introdotte dal governo di destra, sostenute dal fondo di ripresa post-pandemia dell’UE di cui l’Italia è il principale beneficiario.

Tra coloro a cui è consentito entrare nei locali delle cliniche per aborti c’è una delle più grandi organizzazioni anti-aborto italiane, Pro Vita e Famiglia.

Meloni una volta ha promesso durante la campagna elettorale del 2022 di non abrogare la legge italiana sull’aborto, che ha legalizzato la legge dal 1978. Tuttavia, ciò non significa che il primo ministro italiano sostenga l’aborto – anzi, opposto è giusto.

Ha espresso chiaramente la sua intenzione di ridurre il numero degli aborti in Italia o, secondo le sue parole, di dare “il diritto a non abortire”.

Questo programma si riflette in gran parte nell’ultima decisione del governo di destra, descritta come il ritorno dell’Italia all’il Medioevo‘.

La deputata dell’opposizione Gilda Sportiello ha affermato che i gruppi anti-aborto stazionati vicino o all’interno delle cliniche sono impegnati in molestie organizzate, con l’obiettivo di instillare senso di colpa e umiliazione nelle donne che cercano i loro servizi.

La presenza di attivisti anti-aborto non fa altro che aumentare l’angoscia delle donne che cercano sicurezza e sostegno in queste cliniche e limita i loro diritti.

In Italia, le attuali leggi sull’aborto richiedono alle donne di sottoporsi a visite mediche, osservare un periodo di attesa e sottoporsi a consulenza, che sospende temporaneamente la loro autonomia corporea.

Un numero significativo di operatori sanitari si rifiuta di eseguire aborti per motivi di coscienza, rendendo impossibile l’interruzione medica sicura e legale della gravidanza in molte regioni, soprattutto nel sud.

Anche se la legge consente l’obiezione di coscienza, lo è mancano le disposizioni per evitare interruzioni del servizio, che comportano difficoltà nell’accesso ai servizi di aborto. Inoltre, dà priorità alla protezione della vita umana piuttosto che alla garanzia del diritto di scelta delle donne.

In media, nel 2017, il 68,4% dei ginecologi italiani si è definito “oppositori di coscienza” all’aborto.

Con le loro radici nel neofascismo dell’era di Mussolini, le loro opinioni conservatrici influenzarono notevolmente gran parte della loro politica. Nelle Marche, dove domina il governo conservatore, misure estreme mentre persiste il divieto totale della pillola abortiva.

È stata proposta un’ulteriore legislazione che limita l’accesso all’aborto, inclusa la richiesta che le donne siano ascoltate. battito cardiaco fetale prima di sottoporsi alla procedura, conferendo diritti legali al feto, potenzialmente riclassificando l’aborto come omicidio per impostazione predefinita.

Anche la sepoltura dei feti abortiti ha suscitato indignazione, soprattutto dopo la scoperta di tombe che portano i nomi di donne che avevano subito aborti. La scoperta degli oggetti nel cimitero Flaminio di Roma il mese scorso ha suscitato indignazione tra i gruppi per i diritti delle donne.

Francesco Rossi, il cui nome è stato cambiato per restare anonimo, non ha acconsentito che il suo feto abortito fosse sepolto lì né che fosse usato il suo nome. In un’intervista con Al Jazeera, ha ricordato che in Italia, se “partorisci un bambino, vogliono il nome del padre; hai un aborto e loro vogliono il nome della madre.

Gioconda Mazzeo

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